venerdì 25 maggio 2012

Le umiliazioni di uno stato interessante.


La mattina dopo sarei andata al consultorio a presentare le analisi, e poi ci avrebbero pensato loro a sballottolarmi da una parte all'altra. Ma poi mi sono ricordata di mio padre, della banca, e della mia prima carta di credito, quella che mi servirà per riuscire a  pagare alloggi e corsi una volta arrivata a Parigi. Parigi.... Di certo ora pensavo a tutto meno che ai viaggi. Ma non potevo rimandare, mio padre aveva preso un permesso dal lavoro. Speravo solo che avremmo finito presto, perchè poi "io e G dobbiamo andare a Porta di Roma per un regalo, e lei può solo la mattina". Altre bugie. Altra macchia di vergogna sulla mia detestabile coscienza.

Alle 10.30 avevamo concluso, così ho lasciato mio padre a casa e sono andata a prendere le mie amiche. Sembravamo complici di un segreto delittuoso, e forse questa definizione è quasi legittima.
Così sono ritornata lì, spaesata come al solito. Era tutto vuoto, non c'era nessuno, così ho ripensato di immettermi ancora una volta nel corridoio e di ritentare la tecnica del placcaggio dei dottori.

Eccola. Una donna magra, arcigna, di mezza età, biondissima, con occhiali allungati dalla montatura nera e una gonna a fiori ed il suo camice bianco. Una donna che da lì a un minuto avrei odiato.
"Salve, sono qui per un'interruzione di gravidanza, ieri mi hanno chiesto di fare le Beta HCG, così le ho portate e..."
"Ah, sì, sì, non aggiungere altro, già lo so, vieni, vieni."

Siamo entrate nella stanza. Ma lei si è fermata ed ha cominciato a guardarmi.
"Beh?", aveva gli occhi a palla, giganteschi. Sembravano volermi inghiottire.
"Cosa?" e io ero parecchio intimidita.
"La cartella?"
"Quale cartella? A me hanno dato solo questi fogli al Poliambulatorio, non me li hanno nemmeno imbustati..."
"No, scusa...La cartella dell'assistente sociale", con una voce stridula e antipatica.
"Eh, infatti credo di doverla ancora fare, mi avevano detto che oggi avrei dovuto prendere l'appuntamento" ...Se solo mi avessi fatto finire di parlare prima ci saremmo evitate questa pagliacciata.
"Ah, e allora aspetta che mò ci parlo io, tu vai in sala d'attesa". Ed era anche scocciata.

Così ho aspettato con le altre. Dopo due minuti mi chiama e mi chiede:
"Scusa, ma tu di che zona sei?"
"Eh, io sono di Rebibbia."
"E allora perchè sei venuta al consultorio di Pietralata?" Ed è stato come se mi avesse pugnalato al cuore, con quella voce e quegli occhi.
"Non lo so, era l'unico che conoscevo in realtà, e sono venuta qui" Avevo un fazzoletto in mano, causa allergia. Cominciavo a sentire che da lì a poco sarei scoppiata, così cercavo di apparire più raffreddata che disperata. Cercavo di coprirmi il più possibile, stavo morendo dentro.
"Eh, ma la nostra assistente sociale è impengata, sai quante vengono qui, non è che puoi venire qui a occupare tempo, tu devi andare a quello di San Basilio, è inutile che vieni qui che non è nemmeno la tua zona, scusa"

Mi sono sentita una merda.
"Ah...Quindi mi sta dicendo che devo andarmene a San Basilio?"
"Eh beh, vedi tu, noi qui siamo impegnati".

Un attimo di silenzio, forse aspettava che me ne andassi. Ma mi sono fatta forza, avevo bisogno di chiedere una cosa.
"Ma che poi...L'assistente sociale, a cosa serve?"
E lei non capisce più nulla.
"Come a cosa serve? Oh, guarda che stai facendo una cosa grave eh, bisogna seguire le procedure legali, non è che vieni e fai quello che vuoi. Poi se lo chiedi anche con questo tono..."
"No, scusi, ma quale tono? Io volevo solo un'informazione perchè non so niente sulle procedure, quindi volevo cercare di capire..."
"Sì, vabbè, però non si fa così..."

E niente, c'era riuscita. Già i miei ormoni normalmente sembravano ballare la macarena, in quel momento trattenere il pianto mi sembrava la cosa più difficile del mondo, e mi sono odiata, perchè sembravo un cane bastonato, umiliato per l'ennesima volta, e no, no che non volevo mostrarglielo, a quella stronza. E invece si sa, gli ormoni.

"Vabbè, ho capito, mo vedo di fissarti un appuntamento con quelli di San Basilio, rivieni dentro"
Ha cominciato a chiamare, la stronza. Ha sbagliato numero due volte, e tutte e due le volte ridacchiava con quello/a all'altro capo del telefono. Non mi sono mai sentita così miserabile.

Poi il miracolo, sul serio.Una donna è entrata. Capelli castani, occhi azzurri e stretti, tratti un po' nordici, pelle chiara.
"Scusa, se vuoi la ragazza posso prenderla io, eh?"

Tiè. Muori, stronza.

Quella donna era l'assistente sociale. Mi ha portata nel suo ufficio, mi ha ospitata e mi ha parlato con una voce dolce e tranquilla, una voce che mi sembrava tanto quellla di mia madre, o quella di qualsiasi madre quando parla al proprio bambino per rassicurarlo, per accarezzarlo.
Avrei voluto arrotolarmi in una coperta a piangere, ma la coperta non c'era, così la donna/madre ha pazientato gentilmente che io finissi di lacrimare e singhiozzare e riuscissi finalmente a parlare.

4 commenti:

  1. Non pensavo fosse tutto cosi maledettamente complicato.
    Anche se purtroppo uno ha sempre quello che gli capita, non quello che si merita.

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  2. Ma magari forse forse me lo merito. Grandi sofferenze per grandi serenità.
    Se non credo in questo, tantovale buttarmi dalla Tour Eiffel.

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  3. E' così. Sei una cosa sballottata sotto degli occhi che non fanno altro che giudicarti e farti la predica anche senza parole.

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  4. Gente di merda, la bionda arcigna, che tutto doveva fare tranne il lavoro che fa

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