giovedì 7 giugno 2012

Il destino di uno stato interessante.


C'è una persona che mi accompagna da più di cinque anni. Non ne ho mai parlato, e non credo ne parlerò ancora, se non riferendomi al fatto, a questo fatto di cui parlo da un po', e che prima o poi dovrò abbandonare, perchè la mia vita si recherà altrove, e magari finalmente riuscirò a scrivere d'altro all'infuori di me.
Questa persona la conobbi in un modo strano, in un paese molto lontano, sebbene la nostra provenienza fosse la stessa. La relazione si è sviluppata in modo ancora più strano.
Di certo a 15 anni non credevo che saremmo stati legati tuttora.
Non so come descrivere il nostro rapporto, in effetti.
Diciamo che le nostre vite, dopo quell'incontro, sono sempre state distanti ma estremamente unite. Stessa città, ma quartieri agli antipodi. Per parlargli della nostra lontananza dico sempre che ci separano due fiumi, il Tevere e l'Aniene. Mi viene in mente una canzone di Lucio Battisti. "E' troppo grande la città per due che come noi non speran, però si stan cercando."

Capitava che certe volte sentissimo il bisogno di stare vicini, in uno stesso luogo, in una stessa stanza.
Ci vedevamo un paio di volte l'anno, e ci ritrovavamo cresciuti e cambiati allo stesso modo. Sempre allo stesso modo. Nonostante i nostri scarsi contatti, più passava il tempo e più ci trovavamo vicini.
Ad M non ho mai nascosto nulla. Ad M ho parlato (sì, ho usato la mia voce) delle sue paure più profonde, del suo futuro, delle sue speranze, della sua concezione di Amore e Dolore. M mi ha spiegato le mie paure più profonde, il mio futuro, le mie speranze, la mia concezione di Amore e Dolore. M mi aiutava a tradurre in parole quello che non avevo mai avuto il coraggio di esprimere.
Io e lui ci scriviamo di notte.
Quando ci vediamo aspettiamo sempre il buio, o l'alba, insieme.
Ci chiudiamo in camera sua, o in una casa, e parliamo, e lui mi fa ascoltare la sua musica, non accendiamo mai la luce, e fumiamo come dei dannati, fino a star male, fino a sentire il pizzichio al naso e alle dita.
M non lo troverò in nessun altro posto.
Quando siamo io e lui, creiamo qualcosa. Qualcosa di profondo e irrazionale, qualcosa che, se davvero seguissimo, ci porterebbe alla morte, alla pazzia, o alla Vita. Per questo c'è anche tanta paura.

Nemmeno la gente intorno sa come descrivere quello che abbiamo, e molti guardandoci hanno sempre pensato che fossimo (stati) amanti. Forse, in un certo senso. Ma mai in quel senso.

Era M la prima persona alla quale volevo parlare del mio dolore nella depressione.
M era la prima persona che volevo chiamare quel giorno, quando ho scoperto di essere incinta.
Non è mai stata la prima, in entrambi i casi. I motivi non sto a spiegarli, che già mi sto dilungando.

Avevamo ricominciato a vederci ad aprile, la settimana prima che partissi per Parigi. E avevamo capito che stavolta avremmo cominciato a rivederci un po' più spesso, perchè non eravamo mai stati così deboli e fragili, e avevamo bisogno l'uno dell'altra.
Poi  scoprii che proprio in quel giorno, il primo aprile, rimasi incinta. Poche ore dopo averlo visto.

M è uno che io sto male, e sta male anche lui. Ma non di riflesso. Capita che stiamo male insieme, anche se non lo sappiamo.
E' uno che io sogno i tornadi, e li sogna anche lui.
Io faccio un incubo, mi sveglio alle 6 di mattina e alle 6.05 mi arriva un suo messaggio, e mi chiede se sto bene.

E' uno che "sai, adesso mi danno i farmaci", e poi "sai, li sto prendendo anch'io".
"Ho cominciato ad avere attacchi di panico" "Quando?" "Due mesi fa" "Anch'io".
Ma anche "sto bene". Ma in quei periodi raramente ci parliamo. Il nostro rapporto è legato al dolore.

Con M è tutto così. Ma lo è sempre stato.
E' anche per lui che sono ancora viva. Quando ci sono quelle notti, quelle brutte, veramente brutte, in cui ti disperi perchè l'Universo ti si sta appoggiando addosso e ti soffoca, quelle notti in cui c'è quella luna straziante, io sopravvivo ogni volta.
Perchè so che da qualche parte c'è lui. Nel mondo c'è lui. Non sono sola. E quindi mi tranquillizzo.

Un paio di giorni dopo la visita ginecologica ci siamo visti.
Non gli avevo ancora detto nulla. Insomma sì, gli avevo accennato di una catastrofe, ma non avevo il coraggio di specificarne il tipo.

Eravamo a casa del padre. Una casa col soffitto di legno, che scricchiola. Io mi sentivo di ghiaccio. Non sapevo, non sapevo proprio come cominciare. Ogni tanto lui ci provava, a chiedere, ma io deviavo, io scansavo, mi giravo, o semplicemente glielo dicevo. "Aspetta un'altro po'. Un altro po'".
Ma lui lo capiva. Così abbiamo cominciato a parlare d'altro, a parlare di cose. Io però non prendevo coraggio, non ci riuscivo. "Vigliacca", mi dicevo. Come fai a non dirlo a lui? Tu DEVI dirlo a lui. Trova un modo.
No, non glielo dico, non glielo dico. La prossima volta magari. Ora è troppo cazzo, non ci riesco.
Ho deciso, ora no, farebbe troppo male con lui.

Poi ho pensato che volevo una birra, che con una birra la smetti di blaterare fra te e te perchè più di una conversazione non la reggi. Mi sono diretta verso il frigo.
C'erano tre bottiglie, tutte diverse. Marche a me sconosciute. Mh, vabbè, una vale l'altra.
Ne avevo già una in mano. Poi ho abbassato lo sguardo. In un angolo c'era una lattina.
L'ho tirata fuori, ho cercato la scritta. L'ho letta.

Best Brau. 9,8% d'alcol.
La stessa del primo giorno di disperazione, la stessa di quando dovetti raccontarlo a G.

Come ho già scritto in un commento, cito Penelope Cruz in  Non ti muovere:
"La mia vita è stata tutta così: piena di piccoli segni che mi vengono a cercare".

Ho sorriso, mi sono seduta vicino a lui, ho aperto la lattina di birra, ne ho bevuto un sorso.
Ho chiuso gli occhi.
E ho fatto uscire fuori la voce.

18 commenti:

  1. Tutto questo ottimo racconto ha come metafora finale "In Birra veritas".

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  2. avrei voluto commentare qualcosa sulla linea di "rimanere incinta il primo d'aprile è un bello scherzetto". ma poi era già passato lui a sdrammatizzare e non senrvivo più

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    1. Ma guarda che apprezzo anche la cosa del primo aprile,non avevo pensato nemmeno a questo. Diciamo anche che più che un bello scherzetto è proprio una bella presa per il culo.
      Madò, meno male che ci siete voi a farmi ridere almeno un po'.
      Voi e la birra, naturalmente!

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  3. che poi c'è quella questione lì dello stato interessante.
    ma perché "interessante"?
    stato "impregnante" andava bene uguale e aveva più attinenza. o "stato puerperante", anche questo ok. suona male, ma c'entra. "stato aspettante". "stato bambinante". ...c'eran migliaia di possibilità, cacofoniche, eufoniche, divertenti o neutre.... ma perché interessante? non è che la prima cosa che uno pensa quando si vede un pancione è "apperò...mmmm... interessa, interessa..." e allora, ma perdio, volete dircelo perché si chiama statointeressante avere il pancione e aspettare un bambino?

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    1. (Occhei, oggi volete farmi ridere, che carini che siete)

      Ma che poi a me per giorni non veniva, questo termine. Incinta, gravida, in dolce attesa (bleah), pregnant, enceinte...
      Stato...stato...gestazionale?, ma no, non era quello...e niente.
      Poi un giorno alcuni mi parlavano, e io non me li filavo di pezza. Pensavo solo alla pancia.
      Certo che sì, la mia pancia è decisamente molto più interessante di Uomini e Donne... E m'è venuto.
      Per me era uno stato interessante perchè mi interessava solo di quello. Agli altri ovviamente può benissimo non fregargliene un cazzo, ma quando hai nausee tutto il giorno, dolori tutto il giorno, debolezza tutto il giorno, pensi veramente solo a quello. Volente o nolente (ma affatto indifferente), ti interessa.

      Però oh, appena ho letto il tuo commento sono andata a controllare, e ho beccato un blog che dice così:

      "Nella nostra cultura, soprattutto religiosa e legata al passato, parlare di gravidanza era imbarazzante per la futura madre e per chi le era attorno, perchè involontariamente si entrava nel mondo del sesso e quindi del peccato. Chiedere ad una donna se era incinta, non era il caso. La domanda era considerata troppo diretta e brusca. Allora si ricorre ad un eufemismo per indorare la pillola e rendere così, le cose più facili sia alla gestante, che poteva così parlare della sua gravidanza in toni più neutri e meno imbarazzanti, sia ai conoscenti. E’ così che l’essere incinta diventa essere in dolce attesa o essere in stato interessante.

      Un’altra spiegazione pare sia dovuta al fatto che la donna durante la gravidanza attraversa e vive un’esperienza molto intima e delicata e pertanto le persone che si rivolgono a lei, che sono interessate a lei, devono farlo con il dovuto rispetto e garbo."


      Insomma, la solita porcata culturale simil cattolica.

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    2. da ora in poi quando ti daranno della"persona interessante" sarà un macello.

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  4. Tanto non me lo dice nessuno e anche quando me lo dicono faccio finta di non sentire. Problem avoided.

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    1. Tw l'ho appena detto. Fottuta.
      Ora trovami una battuta sarcasticamente fica.

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    2. No, io non sono capace di fare battute, sono una persona antipatica, non mi riesce nemmeno tanto bene il sarcasmo.

      Quindi me la gioco sulla puntigliosità (che poi oh, a proposito, in francese "puntigliosa"si dice "pointilleuse" [puantijes], che è uno dei miei termini preferiti, perchè ha proprio un suono bellissimo. Vabbè, non so perchè lo sto mettendo in mezzo così):

      Non me l'hai detto, me l'hai scritto.
      E io mi sono riferita solo a quando me lo dicono.

      Fottuto.

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    3. Dammi il numero, ti chiamo e te lo dico in diretta. Te lo dico anche con tono di voce profonda e sensuale.

      E io odio il francese. Fa sembrare tutto troppo tremendamente "morbido". Io so per le espressioni spigolose.

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    4. Allora, evitiamo di perdere tempo, ti do direttamente il numero della Merkel.

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    5. Fammi da interprete. Io parlo solo latino.
      Abbella.

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  5. Ho letto tutte le cose che hai scritto tra ieri notte e stamane. Secondo me sei bella, mi piaci, mi ricordi dei dolori e delle vicende a cui era un po`che non pensavo e mi fai anche male, un po'.
    Cerca di sopravvivere, mi raccomando.
    Un bacio.
    cq

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    1. Mi spiace faccia male. Non volevo riaprire ferite, in realtà, volevo solo cercare di evitarne di altre. Ma vabbè, sto qui.
      E sì,sopravviverò, ce la faccio, ce la faccio.

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    2. Figurati, secondo me ogni tanto fa anche bene riaprire vecchie ferite in modo da non ripetere gli stessi errori.

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  6. ...eccomi Arianna...è bello avere anche te tra i miei blog! ;)

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