domenica 17 giugno 2012

Le guerre di uno stato interessante.

15 minuti a donna.
Entravi in una stanza, compilavano un modulo, ti facevano uscire. Poi aspettavi che ti chiamassero, poi riempivano 6 fialette del tuo sangue, poi ti attaccavano fili per l'elettrocardiogramma. Che poi l'elettrocardiogramma non andava mai bene, e quindi te lo rifacevano due o tre volte, e si perdeva tempo.
Così ci dicevano, quelle che erano già entrate.
15 minuti a donna, contavamo. 15 minuti a donna per 20 donne. L'ultima avrebbe aspettato 5 ore. Sì.
E la dottoressa dell'ecografia arrivava alle 9.30, quindi si doveva aspettare comunque, anche chi aveva fatto tutto per prima.

Il bello del Pertini è che è in periferia. E al Pertini ci trovi donne di periferia. E io amo stare vicino a donne di periferia. Mi rallegrano. Che poi, la periferia romana, figuriamoci. Le coatte, sì.
Ma il bello è che le uniche vere coatte erano quelle che lì avevano trent'anni. "Fantastiche", pensavo. "Semplicemente fantastiche".

Perchè la scena era questa. Ogni tanto qualcuna cadeva. Sì. In quel corridoio ci sono stati tre svenimenti e due corse verso il bagno a vomitare bile.
Mi veniva in mente la guerra, e la trincea. Le cadute sotto le bombe dell'attesa. Immaginavo la scritta "0 Killed".
Una romena un po' in sovrappeso, con le treccine bionde, che si aggrappa alla barella e si lascia andare. 1 Killed.
Una riccia vestita di nero che urla Dov'è il bagno dov'è il bagno. 2 Killed.
Una ragazza pallida con la tuta, gli occhiali e 39 di febbre che appena si alza ricade sulla sedia priva di coscienza. 3 Killed.
I gemiti di un'altra chiusa in bagno. Il suono della sua trachea, i suoi sputi. 4 Killed.
Una giovane donna vestita con un impermeabile Burbery e i tacchi, che quasi sbatte la testa. Le tengono su le gambe per 5 minuti. 5 Killed.

L'angoscia m'avrebbe mangiato, e all'inizio lo faceva. Ma poi, "Semplicemente fantastiche". Perchè io ci sto bene, con queste persone. L'autentica (ed in quel caso volutissima) superficialità mi obbliga in qualche modo a smussare il mio terribile lato tragico. E quindi pensavo "che bello", quando durante queste scene, loro sdrammatizzavano "Eccaaallà. N'artra. Tocca aprì su un giro de scommesse. A prossima?". E quando volevano essere le prime perchè loro avevano preso solo mezza giornata di permesso, e che era un a schifezza, sta cosa di aspettare a digiuno. E quando facevano battutacce fuoriluogo. E quando una ha detto che già ce ne ha due, il terzo col cazzo che se lo tiene. Quello m'ha messo un po' di tristezza, ma lei lo diceva così, e così c'ha fatto sorridere.

E quando una ha detto "Cioèèèè...Fila 'a panza che sto a mette su, sto a magnà come na scrofa".
E per un attimo tutte, e dico tutte, abbiamo abbassato lo sguardo verso i nostri ventri, ci siamo toccate la pancia, ci siamo guardate fra di noi in silenzio e siamo scoppiate a ridere. Una risata fragorosa, che i medici c'hanno zittite. Quella risata mi è entrata dentro. Non l'avevo mai provata prima.
La comicità nella tragicità. Mi piaceva, mi faceva sentire come se stessimo in una sorta di recita. Tutte noi sapevamo che era finzione, che ognuna avrebbe fatto i conti con la propria realtà, ma in fondo era giusto così, in fondo recitare è arte. E anche tenerci su, farci stare bene fra noi povere derelitte, è un'arte. Io non ci sarei riuscita, se non ci fossero state le tipe di periferia. Camerate.

E così eccola lì, Greta. E anche altre della mia età, più o meno, avevamo fatto un gruppetto, per passare quelle inutili ore. Ma io e Greta ci guardavamo negli occhi e ci scambiavamo storie. Solo noi lo facevamo sul serio.
Greta è un'altra tipo di ragazza che mi piace. Un maschiaccio, un'ironica di natura, una roccia di natura. Una che  con tono serio "Io l'intervento lo faccio giovedì, speriamo di non avere casini perchè io domenica c'ho la partita di pallanuoto". Una con due spalle da aver paura, e dei capelli crespi crespi e una faccia da cavallo e degli occhi brillanti.
Greta stava con un albanese, e non l'ha fatto venire perchè diceva che poi si rompeva, e insomma, voleva risparmiargliela. Non lo sapeva nessuno, solo quelle della squadra di pallanuoto. Sua madre gliel'avrebbe fatto tenere.
Io sto con un montenegrino.
"Eh, ahaha, allora non c'è bisogno che ti dica niente. Lo sai come sono fatti quelli dell'est quando si tratta di "passionalità", eeeeeh" Occhiolini ammiccanti a non finire. Ridevo, quanto ridevo. Anche quando abbiamo inventato una conversazione con quelle quattro parole straniere che sapevamo, lei in albanese e io in serbo.
"Mirëmëngjes". Buongiorno.
"јагода". Fragola.
"bushtër". Cagna.
"хвала". Grazie.
"Nuk kuptoj".  Non capisco.
"Волим те". Ti amo.
"Të dua". Ti amo.

Alle 12 eravamo riuscite a fare questa madonna di visita. A me piacciono i prelievi. Stavo lì a guardarmelo per bene, quell'ago, quando mi si conficcava in vena. Mi è rimasta questa cosa da quand'ero bambina. All'inizio avevo paura. Così ho pensato che la paura l'affronti meglio se guardi per bene. Perchè se ti volti dall'altra parte ti concentri solo sul dolore, non ti distrai abbastanza. Invece la siringa ha un suo fascino, e mentre stai lì affascinata da questa vena sporgente e mezza bucata, quel piccolo dolore nemmeno lo senti. Così ora è diventata una cosa che mi piace.

Siamo andate a mangiare al bar. Un cornetto alla nutella e una bomba. E avevo ancora una fottuta fame. Sì. Ai limiti della fame chimica. Mi sono maledetta per non aver avuto con me le sigarette. Le abbiamo scroccate ad una della "comitiva delle ingravidate" che fumava in continuazione.

Siamo rientrate. Era l'ora dell'ecografia. Prima di me c'era lei, Greta. Che mi ha sorriso, ed è entrata.
5 minuti. 10 minuti. 15 minuti. 20 minuti.
Greta poi è uscita. I suoi occhi non avevano più luce, però. La guardavo parlare con una dottoressa. Ho origliato.
"Vai al pronto soccorso e chiedi un'altra visita. Sembra che tu sia vuota. La camera gestazionale c'è, ma è vuota. Vai, e torna qui che dobbiamo sapere tutto prima di giovedì, altrimenti l'intervento non lo puoi fare".

No, i suoi occhi erano completamente spenti, ora. Mi ha fatto ciao, con i suoi occhi completamente spenti e senza sguardo, ed è corsa via.

"E' una guerra" ho pensato.
"E' una fottuta guerra".

13 commenti:

  1. Anche io ti leggo. Silenziosamente. Silenziosamente perché in certe situazioni non esistono parole giuste da dire. Solo luoghi comuni e la speranza di dare conforto,, quando conforto non c'e. Scrivere ti aiuta a vomitare fuori il dolore. Scrivere e' fantasticamente terapeutico e allora non fermarti, lascia che tutto il brutto che hai dentro esca fuori. Non ci sarà mai un tempo per dimenticare questo tuo lutto che stai vivendo ora. Sarà sempre parte di te. Solo, col tempo, imparerai a gestirlo, a soffocarlo. A confinarlo in un angolo del tuo cuore. Col tempo, si farà più piccolo e innocuo. Tu, sarai più forte. E pronta gestirlo ogniqualvolta lui decidesse di uscir fuori. Come in guerra, imparerai a conoscere il tuo nemico e ad essere pronta per affrontarlo. E vincerlo. Silenziosamente, io ci sono. Silenziosamente, fatti abbracciare.

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    1. beh. è la tua. era la tua.
      ari30ottobre vs ari17giugno.
      sto leggendo tutto dall'inizio, cerco di scrivere poco.
      ma a sto giro mi ritrovo a testa sotto.
      comunque anche qui. sorellanze.
      la merda non è poi così diversa.
      non avrei mai detto che l'avrei trovata interessante.
      invece invece.

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  2. "La comicità nella tragicità. Mi piaceva, mi faceva sentire come se stessimo in una sorta di recita" : questa sensazione la conosco molto bene. ed è brutto ammetterlo ma ridere in quella mia circostanza mi aiutava. come nella tua.
    il riso vince sempre. anche sulla morte, forse.
    :)

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    1. Suppongo di sì. Suppongo che quando il riso sia di questo tipo, cioè, sincero e totalmente senza difese, allora sì, può vincere tutto. Ecco, quando non è un rso di negazione, ma di totale presa per il culo. Allora sì.

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  3. è una guerra. e la sfiga è che non puoi sparare né lanciare bombe e chiudere la porta....

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    1. Si può solo resistere o retrocedere. Far guadagnare pochi metri, o chilometri, al nemico. Resistere ancora, sapendo di non poter mai conquistare un millimetro in più.

      O morire.

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    2. resistere.
      potendo scegliere, direi proprio resistere. :-)

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  4. Sai che ha ragione Francesca? Te l'ho detto che non si dimentica, però col tempo impari a conoscere il nemico e ad affrontarlo. E fortifica. La guerra ad un certo punto fortifica. E hai ragione, guardare in faccia ciò di cui si ha paura aiuta ad avere meno paura, aiuta a cambiare idea. Certo, non che poi si facciano delle feste, però è diverso. Quello che conosci lo affronti meglio.

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    1. Io gli occhi non li chiudo. E sta funzionando. Tutti gli orrori li guardo bene, così quando ritornano fra i pensieri so che non può esserci nemmeno un dettaglio che non conosca già, che possa prendermi alla sprovvista e colpirmi un'altra volta al cuore.

      Sono furba io!

      Eh...

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  5. ...Chiaramente poi ti schiaffano col culo in una stanza piena di donne nella tua stessa situazione, ed il tuo vero carattere esce fuori..
    Odio le pallanuotiste: c'hanno sti fisici oscena da mezzo uomo e la femminilità de un rutto mattutino.

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    1. "Il tuo vero carattere esce fuori..."
      M'ha fatto pensare questa frase. Io non so che carattere ho avuto, lì dentro.
      Le borgatare d'altronde sono borgatare sempre, eh.

      Le pallanuotiste (come le nuotatrici d'altronde. ps: la Pellegrini tanto osannata è un mostro pinnato) sono orribili fisicamente. A me piacciono i profili esili, e loro, ahaha, no, loro proprio non ce li hanno, sti profili esili.
      Però vedi, è strano. Certe volte mi piace anche quello che si trova totalmente all'opposto di ciò che mi piace realmente.

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