sabato 7 luglio 2012

Incontri a Parigi.

La premessa è che io sono pazza e prima o poi mi metterò in situazioni molto pericolose.

Venerdì sera. Venerdì sera a Parigi.
Venerdì sera a Parigi, sul corridoio della Maison de l'Italie, alla Città Universitaria, intenta a chiudere a chiave la camera.
"Ehi, tu vas où?" (andò vai?)
"J'ai un rendez-vous avec une amie." (me devo beccà co una)
"Nous allons à... J'étais en train de te le demander. Est-que tu veux venir avec nous?" (noi stamo annà... te lo stavo a chiede. Stai a venì co noi?)
"Non, non, desolée, je dois aller. Bonne soirée!" (Te pare. Famme annà. Bella pe tutti)

E esco. Ma mica era vero. Non avevo nessun appuntamento. Stanotte avrei dovuto fare qualcosa di particolare. Non so... Avevo questa sensazione, lo dicevo prima all'umbra laureata in letteratura francese: "Devo fare qualcosa. Qui mi manca ancora qualcosa.". Una febbre, la smania di abbuffarmi. Di qualche emozione.

E così ho preso la RER. Con la cartina in mano, cercavo uno dei tanti luoghi nei quali mi sono sempre sentita in pace. Ma stanotte non volevo la pace, no. Volevo quel 'qualcosa', per questo non sapevo dove andare.
- Non ho mai visto Parigi dal Sacro Cuore di notte -
Attraverso chilometri e chilometri di città, addirittura un fiume, da sud a nord, sottoterra, in venti minuti.
Scale, scale, scale. Il respiro affannato. La musica. Tanta gente. A destra il Sacro Cuore dorato che fa paura. A sinistra la città ai miei piedi. Una città tinta d'arancio. C'è la luna, il cielo è scuro ma non ancora nero, che sono solo le 23, e non so perchè in questo mese il sole ci mette tantissimo ad andarsene. Le nuvole rosate. Se fossi stata una pittrice avrei pianto. Sì, avrei pianto e non avrei dipinto.

Vago un po' fra la gente. Poi scendo un po'. Ci sono dei neri con delle casse che tra di loro rappano. Niente freestyle, ascolto Mockingbird di Eminem. Lui è americano, per forza. Ha un accento impeccabile. Sono contenta, sono sempre contenta quando mi siedo ad ascoltare gente che suona e canta. Dice di sorridere, e io sorrido, catturata da quel gruppo.

Poi accade.
Un ragazzo si siede vicino a me. Non ricordo qual è stata la prima cosa che ha detto. So solo che non so per quale motivo siamo passati a parlare inglese e poi francese e poi inglese e poi francese. Dopo una settimana in cui parli solo per 10 minuti l'italiano e per tutto il tempo francese, tornare all'inglese diventa veramente difficile. La testa mi faceva male, mischiavo tutto.
Ma a lui piaceva.
"Je suis le maitre. I'll be your teacher. Yes. Trust me, in one week you'll be speaking le dialect de la ville" E si prendeva gioco di me.
Ma era serio, non sorrideva nemmeno una volta.
Lui si chiama Tito. Sua madre è del Sudan, suo padre del sudafrica, posto non meglio specificato. Suo padre che poi è morto. Ha tre fratelli qui, uno in America e una sorella in Olanda. L'arabo e l'inglese sono le sue prime lingue. A 12 si è trasferito a Parigi, e ha imparato il francese. Sa un po' di greco, e ora cerca di studiare bene il russo. Da quel che ho capito lui fa qualche lavoro di traduzione, quando capita.

Ma porca puttana, penso. Non è possibile.
(Sono tranquilla. A Parigi sono sempre tranquilla, anche quando mi ferma qualche pazzo. Semplicemente lo ascolto e vedo cosa posso fare per lui. Di solito sono sempre cose sensate.)

Mi dice tutto questo in dieci minuti. E non so come, dopo cinque minuti mi sono ritrovata con una birra in mano, due polacche, un russo e dei neri tutt'intorno. I neri francesi che non sono francesi.
Dio.
Suo fratello mi ha parlato della vita di merda che si fa qui, del lavoro che è fatica, e del suo sogno americano.
Quando con Tito ho pronunciato la parola Balotelli tutti si sono girati.
"HEI HEI! BALOTELLI! SHE'S ITALIAN!"
E da lì è stata la fine. Io, che di calcio non so un cazzo, sono stata eletta regina.
"Hei, chill out, Balotelli is like that! Arianna, tell him that I'm right. She's italian, so she knows."
E io ho cominciato a parlare di Balotelli. Io.

Immaginatevi la scena.
Io seduta su una panchina al Sacro Cuore, circondata da neri, a raccontare e a dare opinioni su Balotelli utilizzando quel poco di slang inglese e francese che so per darmi un tono.

Poi io e Tito. Tito è bello. Ha gli occhi molto seri. Ma quando sorride, tutto il suo viso cambia e ti emoziona, per quant'è vero. O forse è solo un sorriso un po' triste.
Tito è un mascalzone e stanotte mi ha raccontato un sacco di balle. Del tipo che cerca la ragazza giusta, che è da due anni che non sta con nessuna nessuna ma proprio nessuna, che è una persona molto buona e lì intorno sono tutti come dei fratelli e delle sorelle (a questo però ci credo). Che non 'fuma' tanto, che non beve tanto, e che è comunque musulmano, a suo modo.
Ma non mi importava delle balle, non mi importava del fatto che volesse darsi un tono serioso e profondo, un po'. Quel momento me lo sono preso così com'era.
Mi ha detto che lui ha un buon istinto. Inizialmente apre il cuore a tutti, ma gli ci vuole poco a capire chi ha davanti, e quindi prende le misure giuste. Mi ha detto che è stato contento che io avessi capito che non aveva delle intenzioni strane, quando mi ha chiesto di seguirlo.
Perchè quando mi ha visto lì, da sola, a sorridere e a battere il piede, il suo cuore gli ha detto che doveva conoscermi. E gli ci è voluto poco perchè capissse che sono una ragazza apposto.
"You're a nice girl, I like you. That's why I'd like to meet you again. Just if you really want, you know..."
Mi ha dato il suo numero. Io l'ho preso.
Poi se n'è andato e io sono rimasta con la polacca ed un fratello.
Ho preso l'ultima metro per un soffio. Ho camminato per la mia città, sono arrivata qui e non ho sonno.

Non so cosa mi dicano certe sere.
Non so perchè mi sia fidata così ingenuamente di quel ragazzo, che mi ha raccontato storie incredibili e bellissime. Sono degli istinti, credo. Di solito i miei istinti sbagliano quasi sempre. Invece stanotte è stata una notte. Credo una delle più vere vissute qui a Parigi. Il problema sociale e di integrazione che c'è di fondo in realtà non è molto in fondo. La bontà, nonostante tutto. La forza. La mancanza di radici.
Io sono rimasta incantata. Incantata da quella gente.

Probabilmente Tito non lo chiamerò mai, se non in casi di estrema solitudine. E poi mi piace tenerlo così. Tenermi un ricordo, un episodio.

Certe volte mi chiedo quanto sia perfetto il mondo, e quanto sia delicato l'equilibrio. Un minuto in più, un minuto in meno, e alcune vite non si sarebbero mai incontrate.
Chissà cosa abbiamo lasciato, in tutti questi anni, senza saperlo.
Questa notte la scrivo perchè questa notte doveva andare esattamente così. Tutto era in equilibrio. Ho seguito quello che il mondo mi ha chiesto di fare. Come una brava bambina, o un bravo animale.

Vivere un po'.

17 commenti:

  1. in poche parole hai seguito il consiglio della nonna di Pochaontas: hai seguito il vento :)
    ps: ahahaha non credevo che gli stranieri amassero cosi tanto Bolotelli :DD
    bello quello che hai scritto... era come essere con te ;)

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    1. E' vero... Vedi, Pocahontas è profetica! (E tu devi fare esattamente così. Oddio, non proprio perchè io sono scema, però diciamo che il senso è quello)
      E in realtà nemmeno io lo sapevo. Ma suppongo che i neri francesi adorino Balotelli perchè è diventato quasi un simbolo del riscatto sociale. E i bianchi francesi lo adorano perchè ha fatto il culo alla Germania!

      Eh, io vorrei portarvici tutti quanti, in questi posti, nei miei posti, sono contenta che qualcosa arrivi :)

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  2. non è ingenuità.
    è "sentire" qualcuno senza pregiudizi.
    mi piace.

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    1. Ahssì. Più che altro perchè io i giudizi non li so proprio dare o li sbaglio sempre, sono un po' fessa, quindi figuriamoci i pregiudizi.
      E sì, anche a me è piaciuto molto.

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  3. che bello. stai vivendo. che la vita è questa. quella che anche tra dieci o venti anni ricorderai. che quando si vive, poi resta dentro.

    e tu un po' bambina. e un po' animale.
    usa l'istinto. e usa la testa. ma vivi. che non abbiamo molto altro da fare, quaggiù, che vivere, noi :-)

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    1. Dopo questo commento ti voglio quasi bene. :)
      E sì. Parigi è l'assaggio di una vita che avrei sempre voluto e che sto scoprendo solo ora. L'indipendenza, la libertà, la bellezza. Per uno spirito libero (ahahha, che termine di merda) come me è tutto.

      La testa non la sto usando tanto.
      Tito, in realtà, l'ho richiamato. E oggi c'è stata un'altra notte (e mattina e pomeriggio) importante, e non so se la scriverò, forse sì.
      Parigi, Parigi, cosa mi fai fare...

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    2. volermi quasi bene? volermi quasi bene???
      come sei indietro.
      che ne hai di strada, per arrivare al punto giusto: amare il K perdutamente.
      :-D

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    3. Ma lo sai che ho delle difficoltà ad esprimere i miei sentimenti, per me è stata una gran cosa dirtelo, e tu me lo sminuisci così...
      Sigh sigh sigh.

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    4. non ti adorassi, ti smonterei
      :-D

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  4. Me la devo ancora figurare una scena del genere a Roma, non so, a Trastevere, ed una americana/irlandese/filippina/austroungarica che mi si avvicina e mi comincia a riempire la testa di cazzate.
    Che poi io sono li a bere per cazzi miei. Perchè dovrebbero interessarmi le tue vite passate-presenti-future.
    Secondo me ti ha riempito di minchiate: Si chiama Mario, fa il camionista ad Acilia ed è nato a Bolzano. E i fratelli gestiscono un night al Sacro Cuore.

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  5. Beh, si dà il caso che io ami le storie. Sai, ho purtroppo la convinzione che ogni persona abbia almeno una cosa da dire che potrebbe risultarti interessante.
    Mi piace ascoltare (anche se non si direbbe, vista la fama da logorroica ed egocentrica che tengo qui), e non mi importa se sono cazzate o no. Insomma, anche se il camionista Mario m'avesse raccontato balle, a me non interessa. E se non mi interessa nessuno mi può fregare. Vinco sempre io, perchè mi danno quello che voglio (il confine fra realtà e invenzione non m'è mai stato molto chiaro in effetti, mi vanno bene tutte e due, basta che sia molto interessante).

    E comunque non ha detto cazzate. Ho avuto parecchie conferme il giorno dopo. Eeeeeeeh, sì, il giorno dopo, sono una mandrilla.

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    1. In realtà ho cazzeggiato: anche a me piace.

      Ah, il vecchio clichè del nero "grande, grosso e con molte storie lunghe".
      Credevo amassi solo me.

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    2. Ahaha. Te l'ho detto che a me i cliché piacciono!

      Massì massì, amiamo tutte solo te. Lui non è niente.

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    3. "Tutte", perchè soffri di molteplici sdoppiamenti della personalità o perchè inconsciamente sogni un Tante Donne vs Il Banale?

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    4. In realtà un po' la prima (sai, no, possiedo almeno una personalità rebibbiese e una parigina).

      Beh, è ovvio che tu vorresti essere amato da tutte le tue accanitissime lettrici. Non fare il finto tonto, che non ti si addice, su.

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    5. Preferisco l'altro verbo che finisce per "ato".
      Ti lascio la scelta. So tanti.

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    6. Me ne viene in mente uno in particolare, è che io volevo essere più discreta.
      Beh, oh, sei generoso, complimenti.

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